sabato 12 aprile 2008

macchie - il film

Qui a lato, la locandina di quello che è con ogni probabilità l'evento più significativo degli ultimi anni dell'Associazione Culturale Chine Vaganti. Il film è stato prodotto, scritto, diretto e in parte interpretato dai membri dell'associazione.
Macchie - il film è un progetto nato quasi per caso e ha coinvolto, se non altro emotivamente, tutti noi. Christiano Pahler ne ha curato la regia, dirigendo con pazienza e dedizione attori alla prima esperienza ma carichi di grande motivazione.
Si tratta di un lungometraggio che ripropone alcune delle storie pubblicate in questi dieci anni di chine con il tentativo di conservarne l'aspetto e la magia dei fumetti in bianco e nero.
Così incontriamo di nuovo il ragazzo portatore di handicap de Il mostro (Lasio, Concu), lo scanzonato ladro de Il furto (Lampis), la sfortunata e vendicativa Marta di Igor (Concu), l'allucinato rapinatore di Supermarket (Marongiu, Figus) e l'eterno innamorato e mentalmente instabile di Cuore innamorato (Pili, Concu).
È stata un'esperienza unica, per me, perché oltre ad essere stato uno degli sceneggiatori, ho addirittura fatto qualcosa che non avrei mai immaginato di fare. Ho interpretato l'uomo mentalmente instabile di Cuore innamorato ma l'ho fatto senza provare a recitare e forse è stata una scelta azzeccata.
In questi giorni il film è stato iscritto ad alcuni concorsi e probabilmente verrà presentato a settembre a Milano.
Io vi terrò informati su tutte le novità che riguardano il film, voi, se vi capita, vedetelo perché siamo curiosi di sapere cosa ne pensate.

notte #6

... quella per cui ancora una volta ho staccato la spina e pian piano mi lascio andare, cullato dalla leggerezza dei momenti inutili, i quali di solito si perdono durante il susseguirsi dei giorni ma che io afferro come fossero ossigeno, come fossero l’unica ragione di vita. E galleggio.
Mi sento impotente e mi lascio andare, lontano, lontano e prego perché qualcuno metta fine a questo massacro. E m’innamoro del momento, di questa bolla ermetica che mi soffoca e toglie la vita. Mi sento spento. Forse vuoto, ma spento.
A volte piango, un riflesso. Solo finzione o poco più che una rappresentazione del pianto. E poi nulla, niente che mi scuota davvero, che mi afferri con forza e con il muso cattivo mi urli in faccia “svegliati stronzo”. Cullato, galleggio e comincio a perdermi nell’orizzonte.
Che faccio? Niente, faccio. Cammino per le strade silenziose del paese. Cammino per tutta la notte fumando le mie Chesterfield con la consapevolezza di stare a pochi metri da perfetti sconosciuti e pensare a loro. Da queste parti soltanto una parete ti separa dalle persone che dormono e magari sognano. Indifesi. Passando accanto alle finestre in queste strettissime vie ne senti i respiri pesanti, stanchi. Si ricaricano insieme ai loro cellulari e la mattina seguente riemergono e tenaci inseguono la propria vita. L’invidio, non so a cosa pensino, se magari si sentono fregati, qualche volta. Se per caso anche loro muoiono di vita, o piangono per le sciocchezze o bevono per dimenticare i problemi. Invidio il fatto che si rialzino per ricominciare. Ogni giorno. E ogni giorno sono più vecchi di un giorno o più. E la sensazione è ancora più forte. Che faccio?
Niente, faccio. Metto su due cose e sparisco, nessuno più mi vedrà, nessuno più penserà a me. Nessuno avrà più il minimo ricordo. Ma il problema è che io saprò sempre dove sono.